Nella tiepida luce dell’alba, Arkanum si risveglia lentamente dalle sue cicatrici notturne. I membri della guardia cittadina, vestiti nella loro divisa ufficiale, pattugliano con una risolutezza accresciuta, mentre cercano di restaurare l’ordine nelle strade ancora turbate. Nell’aria c’è una tensione palpabile, una promessa silenziosa di pericolo che ancora si cela nelle ombre.

All’interno della modesta ma accogliente B&B di Thordek, la vita si risveglia con un ritmo più lento. Asterion apre gli occhi, il suo viso serio mentre una mano si sposta sulla cicatrice fresca sul suo petto. Un ricordo crudo della notte precedente, un emblema del pericolo che aveva affrontato con l’immagine del nano dal pene enorme ancora scolpita nella sua mente. Non c’è rimpianto nei suoi occhi, solo la quiete accettazione di un guerriero.

Nell’altra stanza, Geeno è già sveglio. Seduto sul bordo del suo letto, guarda pensieroso la luce che filtra dalla finestra. Ci sono domande nei suoi occhi, interrogativi ancora senza risposta. E c’è determinazione, quella ferrea volontà di trovare la verità, non importa quanto possa essere dolorosa.

Ikaris, invece, dorme ancora. Sotto le coperte, il suo respiro è lento e profondo, il sonno tranquillo di chi ha affrontato la notte con coraggio. Ma anche nel sonno, c’è un senso di inquietudine, una tensione nei muscoli, come se fosse pronto a svegliarsi in un attimo mentre l’immagine del fallimento dei suoi nuovi allievi è scolpita nei suoi sogni.

La mattina avanza lentamente, e le strade di Arkanum si risvegliano. I suoni della città che si risveglia filtrano attraverso le finestre della taverna. L’eco lontana di comandi urlati, il rumore di passi pesanti di guardie che si muovono, l’agitazione sottile dei cittadini, tutti questi suoni raccontano una storia di una città che cerca di riprendersi.

Ma anche con il pericolo che ancora persiste, Asterion, Geeno e Ikaris sanno che è il momento di alzarsi, di affrontare il giorno. Perché non importa quanto possa sembrare oscuro l’orizzonte, loro sono pronti ad affrontare qualsiasi cosa che il destino ha in serbo per loro. Sì, la giornata è appena iniziata…

 

Asterion, il giorno dopo la terribile battaglia, si sente cambiato. La ferita fisica si sta rimarginando, ma è la consapevolezza di quanto è accaduto che lo ha scosso profondamente. Sa che il percorso intrapreso ha bisogno di un cambiamento di marcia, una nuova direzione. Si confida con i suoi compagni di viaggio, Geeno e Ikaris, esprimendo il bisogno di un potere maggiore per affrontare le oscure forze che stanno mettendo a rischio il mondo.

 

“Abbiamo bisogno di essere più forti, più preparati. I nostri nemici non mostreranno pietà e neanche noi dovremmo”, dice, con uno sguardo risoluto.

 

Asterion decide di rivolgersi ai suoi vecchi insegnanti dell’accademia, sperando che uno di loro possa indicargli la strada da seguire o aiutarlo. Si dirige alla grande biblioteca dell’accademia, sperando di incontrare il sommo chierico Anastarius, suo mentore di un tempo.

 

Dopo molte insistenze, Asterion riesce a ottenere un incontro con Anastarius. Il vecchio maestro ascolta attentamente le parole del suo ex allievo, la sua lunga barba bianca che si muove leggermente ad ogni sospiro. Con uno sguardo serio, Anastarius risponde a Asterion.

 

“Mio caro Asterion, vedo che le tue parole sono serie, come devono essere di fronte ai pericoli che stai affrontando. Ti consiglio di cercare il Monastero dell’Alba Dorata. Là, al centro della baia di Arkanum, dei monaci esperti hanno perfezionato l’arte di creare tatuaggi magici. Questi segni incisi sulla pelle possono offrire una protezione contro gli incantesimi di Charme. Devi però sapere, il potere di un tatuaggio può arrivare solo fino a un certo punto. Un incantatore di grande potere potrebbe riuscire a superare anche questa barriera.”

 

Anastarius fa una pausa, guardando Asterion negli occhi prima di continuare. “Per quanto riguarda il tuo desiderio di acquisire delle magie più potenti contro i non morti, penso che il Consolato di Solastra potrebbe avere ciò che cerchi. Venti anni fa, nella repubblica di Solastra, hanno respinto un potente Necromante da alcuni territori a sud della regione. Potrebbero avere informazioni utili per te.”

 

Infine, Anastarius sorride a Asterion, il suo volto inciso dalle rughe che mostrano la saggezza accumulata nel corso degli anni. “Il tuo coraggio e la tua determinazione sono ammirevoli, Asterion. Ricorda, tuttavia, che la prudenza è la più grande alleata di un mago. Utilizza queste nuove conoscenze con saggezza.”

 

Fatto ciò Asterion si diresse nuovamente verso la locanda.

 

Nel mentre nella confortevole sala da pranzo del Bed and Breakfast di Thordek, l’aria è ancora impregnata del profumo del pane appena sfornato e della salsiccia che sfrigola sul fuoco. La tavola imbandita con una colazione abbondante è circondata da Thordek stesso, Geeno e Ikaris, e da  Eustach, il fratello di Thordek e mercante che è stato aiutato dai nostri eroi a rimettere in piedi il carretto, che entra nella sala con una risata fragorosa e un cenno di saluto.

 

“Geeno, Ikaris,” Thordek comincia, l’argento dei suoi occhi splendente con una luce intensa sotto le spesse sopracciglia. “Sono successe molte cose durante questi giorni. Come sta andando la raccolta dei gettoni per il torneo? Potete aggiornarmi?”

 

Prima che Geeno e Ikaris possano iniziare a raccontare gli eventi, la porta della sala da pranzo si apre con un cigolio. Un uomo, la sua armatura lucida che riflette la luce del sole che filtra dalle finestre, fa il suo ingresso. Le insegne sulla sua corazza indicano chiaramente il suo ruolo: una guardia cittadina di Arkanum.

 

“Gentiluomini,” la guardia inizia, il tono della sua voce grave e piena d’autorità. “Mi sono giunte notizie di un certo… disordine nel cimitero di Arkanum tre giorni fa. Siete coinvolti in qualche modo giusto? Mi potete fare un resoconto su quanto sapete dell’ufficiale Orin?”

 

Thordek poggia la sua pinta di birra sulla tavola con un tonfo sordo, e si volge verso la guardia, il volto impassibile. L’atmosfera nella sala da pranzo diventa tesa con il nano stizzito che gli è stata interrotta la colazione, mentre tutti gli sguardi convergono verso la figura imponente della guardia.

 

Ikaris si alza, si dirige verso la guardia e dice: “Buongiorno agente. Sono Ikaris, sensei del dojo Cobra Kai. Scusi il disturbo, ma mi è giunta voce che nella notte avete arrestato un giovane di nome Kano. A quanto ho capito a tentato invano di incendiare la porta della prigione. Innanzitutto vogliate scusarlo: l’ho preso da pochi giorni come allievo. L’ho trovato in strada, privo dei genitori, povero e affamato. Il mio dojo insegna la disciplina, il rispetto della legge e dell’autorità. L’ho preso con me proprio perché ho come missione quella di ripulire questa città dall’ignoranza e dalla maleducazione, oltre ovviamente a dare una seconda chance a questi piccoli innocenti. Permetta che le presenti la mia pupilla, Mae. Come vede è una giovane indifesa, un po’ ingenua. Ieri sera, appena abbiamo sentito dell’arresto di Kano, abbiamo pianto per lui e siamo andati sul monte a meditare sul bene e sul male. Guardi lei e capirà benissimo quanto di bontà c’è nello stile del Cobra Kai. Ecco perché vorrei chiederle di non ufficializzare l’arresto o, se già fatto, di potermelo affidare in prova. Kano è un ragazzo aggressivo, è vero. Tuttavia vorrei provare a insegnargli a incanalare questa sua energia in progetti costruttivi e a cooperare per il Bene comune. Affidatemelo a me. In assenza di altri tutori ne risponderò io a livello legale da oggi in poi. Sono sicuro che comprenderà come un giovane cresciuto in cattività non può che diventare cattivo. Ma se sperimentasse la giustizia umana, sono sicuro che vi sarà per sempre riconoscente. Vi chiedo di investire affinché abbiate in futuro un delinquente in meno e un cittadino laborioso e onesto. Ripeto: se dovesse combinare altri guai, sarò io stesso a consegnarlo alle autorità competenti. Cosa ne dite?”

 

La guardia, un uomo di mezza età con una lunga esperienza alle spalle, solleva un sopracciglio mentre ascolta la proposta di Ikaris. Dopo un breve momento di silenzio, risponde con un tono affabile ma deciso.

 

“Sensei Ikaris, apprezzo la tua compassione e il tuo senso di responsabilità,” inizia la guardia. “Capisco la tua intenzione di aiutare il giovane Kano e l’apprezzo. Ma tu devi capire che io sono solo una guardia. Non sono un ufficiale giudiziario. Non ho il potere di decidere del futuro di Kano. La giustizia è un processo delicato che coinvolge molte persone e molte istituzioni. Non può essere deciso solo da una persona, per quanto ben intenzionata.”

 

La guardia fa una pausa, guardando Ikaris negli occhi. “Ti consiglierei di rivolgerti all’ufficio del magistrato e presentare la tua proposta. Sono loro che decidono in questi casi.”

 

Poi, con un cenno di testa verso il resto del gruppo, la guardia aggiunge: “Adesso, però, dobbiamo parlare di quello che è successo al cimitero di Arkanum e all’ufficiale Orin. Siete a conoscenza di qualcosa?”

 

Con un sospiro, Ikaris abbandona il B&B, lasciando dietro di sé la guardia e gli altri. L’aria mattutina è fresca e pulita, e l’aria è pervasa dall’odore del pane appena sfornato che si mescola con quello del fieno e del legno bagnato. Ikaris si mette in cammino, i suoi occhi sono fissi sulla sua destinazione: l’Ufficio del Magistrato.

 

L’edificio del Magistrato si staglia di fronte a lui come un faro di ordine e legge in mezzo al caos della città. Costruito con pietra di granito bianco e decorato con intricate sculture che raffigurano scene di giustizia e saggezza, l’edificio esprime un senso di dignità e di autorità. Il tetto è sormontato da una grande statua di Themis, la dea della giustizia, con gli occhi bendati e una bilancia in mano, simbolo di imparzialità e equità.

 

All’interno, l’ufficio è ancora più imponente. Le pareti sono rivestite in legno scuro e i pavimenti sono ricoperti da tappeti pesanti e ricchi. Grandi librerie piene di tomi e pergamente segnano il perimetro della stanza, e al centro c’è un lungo banco di quercia dove si trova la reception.

 

Dietro il banco, una figura di Tiefling dalla pelle rossa sta scrivendo diligentemente su un tomo. I capelli neri e lisci le cadono sulle spalle in onde morbide, incorniciando un viso dagli occhi color ambra. Le sue corna, lunghe e dritte, sono decorate con sottili linee dorate che aggiungono un tocco di eleganza al suo aspetto già attraente. Indossa un abito ben aderente che mette in risalto la sua figura sinuosa.

 

Ikaris si avvicina e spiega il motivo della sua visita, chiedendo di vedere il magistrato. Lei alza gli occhi verso di lui, il suo sguardo professionale e vagamente divertito. “Non avete un appuntamento, vero?” domanda, già conoscendo la risposta. Ikaris nega, e lei sorride, aprendo un cassetto e tirando fuori una pila di documenti. “In tal caso, dovrete compilare questi formulari. Il prossimo appuntamento disponibile è tra tre settimane.”

 

Gli porge la pila di documenti con un sorriso malizioso, quasi come se si stesse divertendo alla vista della sua reazione.

 

Ikaris, attraversando l’intricato labirinto di strade di Arkanum, fa appello a ogni sua risorsa per rintracciare il suo allievo disperso. La città, pulsante di vita, gli nasconde il suo pupillo tra mille volti, ombre e sussurri.

 

Dopo ore di ricerche estenuanti, il suo cuore salta un battito quando in un vicolo sporco e dimenticato, vede una figura che conosce troppo bene. Jiro è là, accasciato a terra, il corpo in preda a spasmi e convulsioni, un bracciale emostatico stretto attorno al braccio e una siringa vuota accanto a lui. La pelle pallida di Jiro è coperta di sudore freddo, e le sue labbra sono tinte di un inquietante blu.

 

Un’ondata di sgomento attraversa Ikaris, ma subito dopo si rafforza. Non c’è tempo da perdere. Deve agire, e velocemente.

Ikaris, con Jiro tra le braccia, corre attraverso la città. Alla fine arriva in un vicolo secondario, dove un’insegna di legno appesa sopra una porta bassa reca il simbolo della croce medicinale. È lì che si trova l’ambulatorio del dottor Hoban, un medico Halfling rinomato in città.

 

L’ambulatorio è un luogo di ordine e tranquillità rispetto al caos esterno. Pieno di scaffali che contengono fiale di vari colori, erbe essiccate e strumenti medici, ogni cosa ha il suo posto. Al centro della stanza, un lettino di esame invita i pazienti a sdraiarsi e affidarsi alle mani esperte del dottor Hoban.

 

Il dottore stesso è un halfling sui cinquanta, con capelli rame e occhi verdi pieni di intelligenza vivace. Il suo viso è segnato dalla preoccupazione mentre esamina Jiro, ma le sue mani sono sicure mentre prepara antidoti e pozioni.

 

Dopo un’ora di intensi sforzi, il dottor Hoban si appoggia sulla sua scrivania, stanco ma determinato. “Ho fatto tutto il possibile,” dice a Ikaris. “Ora tocca a lui combattere. Passa domani, avremo novità.”

 

Lasciando Jiro nelle mani del medico, Ikaris torna in direzione del tribunale. Lì, vede il magistrato uscire, accompagnato da un imponente uomo sulla quarantina. I lunghi capelli biondi dell’uomo sono raccolti in una coda di cavallo che gli arriva alla vita, e indossa un’armatura pesante, lucida come il sole al tramonto. La cosa più strana è l’arma alla sua cintura: una custodia che contiene tre spade, montate come il cilindro di un revolver. È un dispositivo bellico tanto bizzarro quanto affascinante.

 

Al suo fianco, un orco dai capelli bianchi raccolti in un unico dreadlock e un gnomo con capelli afro, vestito in tonalità che richiamano la natura e i colori autunnali, completano il quadro.

 

Nell’aria dorata del crepuscolo, Ikaris avanzò con rispetto verso la compagnia composta dal Magistrato e dai suoi compagni. L’eco dei suoi passi risonava sul selciato dell’antica strada, una sinfonia di risonanze che sussurrava storie di dignità e perseveranza.

“Egregio Magistrato,” iniziò Ikaris, con un tono rispettoso ma risoluto. “Mi scuso per l’intrusione e riconosco che l’orario e il luogo potrebbero non essere i più opportuni. Tuttavia, la questione che mi porta qui è di importanza capitale e richiede la vostra attenzione.”

Mentre Ikaris parlava, la compagnia reagì in modi diversi alla sua presenza inaspettata. Il grande Orco dal piglio feroce e i capelli bianchi legati in un unico dreadlock, incrociò le braccia e socchiuse gli occhi, un’espressione di pacata irritazione che dipingeva i lineamenti del suo viso. Senza dire una parola, si mise a fare flessioni, il suono ritmico del suo respiro accompagnava la cadenza delle sue parole.

Al contrario, lo Gnomo, vestito con abiti dai colori autunnali, estrasse con calma una pipa argentea dalla tasca. La riempì con un miscuglio di erbe aromatiche, e con un fiammifero acceso, diede vita a un filo di fumo che serpeggiava nell’aria come un drago miniaturizzato.

Il terzo compagno, un uomo dalla chioma dorata e lunghissima, rimase in silenzio, osservando l’interazione con occhi penetranti. La sua armatura scintillava con una luce opalescente, riflettendo la luce del tramonto. Aveva la mano a poca distanza da una delle tre spade che portava nella custodia che stonava con le altre due dato che era colorata di bianco e di  blu. Sembrava essere un guerriero di grande statura, ma per il momento, si limitava a osservare.

Il Magistrato, un uomo di grande statura e saggezza, ascoltò con pazienza Ikaris. Quando ebbe terminato, annuì lentamente e rispose con voce calma e autorevole.

“Sento il peso delle tue parole, Ikaris. La tua richiesta esprime una compassione e una saggezza che sono rare in questi tempi difficili. Tuttavia, la legge esige che le procedure siano rispettate. Non posso fare eccezioni, neanche per casi tanto toccanti come il tuo. Ti invito a passare nel mio ufficio durante l’orario di lavoro. Ho piena fiducia che riusciremo a trovare una soluzione appropriata alla tua richiesta.”

Dopo aver pronunciato queste parole, il Magistrato si voltò verso l’uomo biondo e disse: “Generale Venitas, mi è giunto all’orecchio di un ristorante in città che serve una squisita carne di bovino importata da oriente. Una prelibatezza che, ne sono certo, non avresti l’opportunità di gustare nei ristoranti di Sol Rom, nella Repubblica di Solastra. Che ne dici di una cena all’aperto stasera?”

 

Ikaris decide quindi di tornare alla locanda per Riunirsi con Geeno e Asterion.

Nel mentre Geeno alla locanda si apprestava a prendere le sue decisioni:

La locanda è immersa in un silenzio teso mentre la guardia attende una risposta da Geeno alla sua richiesta di informazioni sull’accaduto nella cripta.

Geeno si fa avanti, il suo sguardo è duro come l’acciaio. Con voce ferma inizia a raccontare gli eventi salienti in solitaria, descrivendo l’incontro con il misterioso Cavaliere delle Rose e lo scontro con il temibile Lich Putin.

“Quel mostro non è stato distrutto completamente, ne sono certo” dice Geeno, una vena di intensità nella voce. “È ancora una minaccia, dobbiamo trovare e annientare ciò che resta di lui”.

La guardia annuisce, prendendo diligentemente appunti. “Faremo tutto il possibile per investigare a fondo sulla questione” risponde.

Ma Geeno sa che non può fidarsi solo delle guardie. Deve agire da solo. Non appena escono dalla locanda, si dirige rapidamente verso la biblioteca di Arkanum, dove fruga freneticamente tra gli archivi polverosi in solitaria.

“Deve esserci qualcosa sui frammenti di Putin…” sussurra tra sé e sé. Passa ore a studiare pergamene e libri antichi, finché finalmente trova un indizio. Si tratta di una vaga allusione a un potente stregone che molti secoli fa divise la propria essenza in sette frammenti, sigillandoli in oggetti incantati chiamati “horcrux”. Ogni horcrux custodiva una parte della sua anima, rendendolo quasi immortale.

Geeno sussulta leggendo quelle parole. Il parallelismo con quanto detto dal morente Cavaliere delle Rose sulla vera natura di Putin è fin troppo chiaro.

“Sette horcrux… ecco qual è il segreto di Putin!” esclama Geeno. Con rinnovato vigore, prosegue freneticamente la ricerca di indizi su questi artefatti maledetti, la sua sete di vendetta ora più ardente che mai. Sa che distruggendo gli horcrux la minaccia di Putin potrà essere annientata per sempre.