Il manto stellato si stendeva come un velo sulle figure riunite fuori dalla prigione di Arkanum. Eroi di vecchia e nuova data – Karis, Asterion, Geeno, Mae, Jiro e Kano – si incontravano sotto l’egida di un intento comune, ma frainteso: la liberazione di Zarion.

Con voce che sapeva di segreti riluttanti e passione inconfessabile, Katia svelò la verità di Zarion: l’uomo di cui si era perdutamente innamorata, un prigioniero politico, in possesso di antichi e potenti artefatti, l’armamenti del prescelto. Una rivelazione che trasformò le scintille della loro risolutezza in una fiamma ardente.

Strutturando un piano tanto audace quanto disperato, Ikaris, con un cenno d’occhio, consegnò dei rudimentali molotov cocktail a Jiro, Kano e Mae. Un segnale di fuoco, un richiamo per le guardie se il tempo di dieci minuti delle pozioni d’invisibilità fosse scaduto senza alcun segno dei loro compagni.

Nella penombra, Katia avanzò verso l’ingresso della prigione. Le guardie, dopo alcuni scambi di battute, la fecero entrare. Seguita da due ombre invisibili – Geeno e Ikaris – si fece strada verso l’ufficio del padre. Nel frattempo, Asterion, avvolto nell’invisibilità, si diresse silenziosamente verso lo spogliatoio delle guardie.

Nella stanza, si trovò di fronte a un nudo nano, orgoglioso delle sue dimensioni, e a un collega altrettanto ignaro quanto sorpreso del suo grande pene. Quando i due uscirono, Asterion approfittò dell’occasione: sottrasse una divisa da guardia e, perdendo la sua invisibilità, si travestì.

Nell’ufficio, Geeno e Ikaris furono testimoni di un acceso alterco tra Katia e suo padre. Sotto le accuse del padre, il suo sospetto che Zarion avesse manipolato la mente di Katia era palpabile. Mentre il padre lasciava l’ufficio, il duo ne approfittò. Con fortuna insperata, trovarono non solo la chiave universale delle celle, ma anche la planimetria della prigione.

Nel cortile, un urlo risuonò seguito da una colonna di fiamme: Kano aveva acceso la miccia del caos. Il direttore della prigione, allarmato, si precipitò a valutare la situazione, lasciando l’ufficio scoperto. Il trio si riunì nel corridoio delle celle, ma la loro fuga fu interrotta da un prigioniero che riuscì a vedere attraverso l’invisibilità di Ikaris, richiedendo disperatamente la sua liberazione.

Arrivarono infine alla cella di Zarion. L’uomo all’interno, consapevole della sua imminente libertà, porse loro le mani per rimuovere le sue manette. Eppure, i nostri eroi, con decisione, preferirono non farlo, e lo condussero fuori ancora incatenato.

Mentre fuggivano, diedero il via a una fuga di massa, aprendo tutte le porte delle celle. Nel caos che ne seguì, affrontarono le guardie nell’atrio della reception, tra cui il nano dai particolari anatomici notevoli. Quando Asterion cadde gravemente ferito, fu presa la decisione di liberare Zarion.

La triste verità

Rivelò allora un braccio viola con una bocca sulla mano, dalla quale pronunciò una Parola del Potere. Un flash accecante riempì la stanza, permettendo a Zarion di guidare il gruppo fuori dalla prigione. Durante la fuga, incontrarono il padre di Katia. Zarion sussurrò qualcosa all’uomo che, come un automa, si fermò. Questa stessa tattica fu usata con successo su altre guardie lungo la via di fuga.

Una volta fuori, Zarion si congedò brevemente da Katia, la quale rimase immobilizzata dalla stessa magia che aveva fermato suo padre. Prima che il gruppo potesse reagire, Zarion scomparve nel labirinto delle strade di Arkanum.

Gli eroi, liberati dall’incantesimo, tornarono da Katia, ormai completamente sotto il controllo di Zarion. In quell’atmosfera pesante, Jiro, che era appena tornato dall’uscita secondaria dove aspettava gli eroi assieme a Mae, si voltò verso loro in silenzio, il suo sguardo era un incrocio di delusione e rabbia. La sua voce era un’ombra di ciò che era una volta, “Non posso farne parte,” disse semplicemente, il suo sguardo che si soffermava su ogni volto del Cobra Kai. “Non così.”

Senza aspettare una risposta, Jiro si allontanò, lasciando dietro di sé solo un’eco di ciò che una volta era. Il gruppo rimase in silenzio, guardando il suo amico e compagno che si allontanava. Rimase solo Mae, il suo sguardo svampito rivolto a Ikaris, quasi come se non avesse compreso completamente l’importanza del gesto di Jiro. In quel momento, la divisione era evidente. Ikaris guardò Mae, si era reso conto che, per quanto svampita, Mae era tutto ciò che rimaneva del Cobra Kai.

Le conseguenze

Riconoscendo la triste realtà del loro inganno, ritornarono alla taverna di Thordek. Avevano ottenuto i gettoni per il torneo, ma a un prezzo amaro. Fuori dalla taverna, l’aria della città di Arkanum era saturata di caos. Le ombre si muovevano in modi inquietanti, forme irregolari e dissonanti che danzavano nell’oscurità, mescolandosi ai richiami della notte. Le strade erano piene di ex prigionieri, ora liberi, che, abbandonati a se stessi, facevano danni ovunque andassero.

Un gruppo di ex carcerati era accampato vicino alla fontana della piazza principale, urlando canzoni di rivolta e innaffiando la strada con del liquore rubato. Un altro, più a sud, aveva appena dato fuoco a un carretto, ridendo mentre le fiamme danzavano nel vento notturno. Ancora altri vagavano senza meta, infrangendo le finestre delle case e saccheggiando i negozi in cerca di qualcosa che potesse essere convertito in denaro o in armi.

La visione era allarmante, i detenuti si muovevano come un fiume turbolento che si dirigeva verso il mare. Erano come un branco di belve liberate, scatenate senza controllo. Non si limitavano a scappare, ma lasciavano dietro di sé un tracciato di disordine e distruzione, che lentamente si faceva strada verso la taverna di Thordek. Era evidente che la fuga della prigione avrebbe avuto conseguenze durature per la città di Arkanum.