LA NECROPOLI DI ARKANUM
PARTE I: OMBRE TRA LE TOMBE
Le brume mattutine avvolgevano la necropoli di Arkanum come un sudario, distendendosi tra lapidi consunte e mausolei che si stagliavano contro il cielo plumbeo. Il silenzio era palpabile, interrotto solo dal suono dei passi dei tre avventurieri che si avvicinavano al cancello principale in ferro battuto.
Ikaris avanzava in testa, le scaglie dorate del suo volto dragonide che catturavano i pochi raggi di sole che riuscivano a penetrare la coltre di nubi. La sua coda oscillava ritmicamente dietro al lungo soprabito nero, mentre le sue mani possenti, prive di armi, erano fasciate da bende consumate dall’allenamento. I suoi occhi dal taglio verticale scrutavano l’ambiente circostante, sempre vigili, pronti a individuare qualsiasi minaccia contro cui scatenare il potere letale del Cobra Kai.
«Siete sicuri che valga la pena rischiare per un gettone?» domandò, la voce profonda che sembrava riecheggiare tra le tombe.
Asterion camminava al suo fianco, i lunghi capelli argentei che ondeggiavano nella brezza mattutina. Il suo soprabito blu scuro si confondeva con le ombre, mentre la sua pelle bluastra sembrava quasi brillare nella luce fioca. La mano sinistra era posata sull’elsa della spada sottile – un’arma elegante e mortale che serviva sia da focus arcano che da estensione delle sue abilità di magus della scuola Laughing Shadow. Un sorriso enigmatico increspava le sue labbra, come se percepisse segreti nascosti tra le tombe.
«Ogni gettone ci avvicina al torneo,» rispose con voce misurata. «E poi, se i non-morti stanno davvero tormentando questo luogo, è nostro dovere intervenire.»
Geeno chiudeva la fila, l’imponente figura del leonin dal pelo bianco come neve che si stagliava contro il panorama tetro. La sua armatura in stile spartano catturava la luce con riflessi di bronzo antico, mentre il mantello porpora ondeggiava ad ogni suo movimento. Con la mano destra stringeva una lunga lancia dalla punta finemente lavorata, mentre al braccio sinistro portava uno scudo rotondo ornato con simboli sacri. Gli occhi ambrati scrutavano con solennità le lapidi, come se stesse rendendo omaggio ai defunti.
«Esistono battaglie che vanno combattute non per la gloria o il guadagno,» commentò, «ma perché è giusto farlo.»
Il tridente di eroi si fermò davanti a un piccolo edificio di pietra grigia all’ingresso del cimitero. Un’insegna consumata dal tempo indicava “Ufficio del Custode”. Ikaris bussò con decisione alla porta di legno, che si aprì con un cigolio inquietante.
All’interno, l’ufficio era scarsamente illuminato da poche candele. L’odore di polvere e carta vecchia saturava l’aria. Dietro una scrivania ingombra di registri e mappe sedeva Orin, il responsabile della necropoli: un uomo dall’aspetto emaciato, con occhi infossati e pelle pallida come cera. Indossava una tunica nera, consumata ai bordi, e le sue mani ossute sfogliavano un antico registro.
«Siete voi gli avventurieri inviati dalla gilda?» chiese con voce rauca, alzando gli occhi dai documenti. Qualcosa nel suo sguardo sembrava innaturale, come se stesse guardando attraverso di loro piuttosto che verso di loro.
«La Compagnia del Fardello, al vostro servizio,» confermò Asterion, facendo un lieve inchino. «Abbiamo sentito che avete problemi con delle… presenze indesiderate.»
Orin annuì lentamente, un movimento meccanico che sembrava costare uno sforzo eccessivo.
«La necropoli è antica quanto Arkanum stessa,» iniziò a raccontare. «Per secoli, i morti sono rimasti in pace. Ma da qualche settimana, qualcosa è cambiato. I guardiani notturni riferiscono di aver visto figure muoversi tra le tombe. Pellegrini sono stati attaccati. E dalla cripta centrale…» si interruppe, deglutendo visibilmente, «…dalla cripta centrale provengono suoni che nessun morto dovrebbe essere in grado di produrre.»
Ikaris incrociò le braccia sul petto squamoso. «Cosa credete stia succedendo?»
Orin scosse la testa. «Le antiche famiglie di Arkanum hanno sepolto qui i loro morti per generazioni, spesso con i loro tesori e talismani. Forse qualche necromante ha deciso di approfittarne. O forse…» esitò nuovamente, «…forse c’è altro.»
Geeno fece un passo avanti, la sua figura imponente che sembrava riempire la stanza. «Abbiamo affrontato non-morti prima d’ora. Ci occuperemo di questa minaccia.»
«Prima di avventurarvi,» intervenne Orin, aprendo un cassetto della scrivania, «potreste aver bisogno di questi.» Estrasse tre piccole fiale contenenti un liquido rosso brillante. «Pozioni curative. Considerate che il prezzo è già scontato per chi svolge servizi per la città.»
Dopo una breve contrattazione, la Compagnia acquistò le pozioni e si fece indicare il percorso verso la cripta centrale. Con un ultimo sguardo verso il custode, i tre avventurieri uscirono dall’ufficio, pronti ad affrontare qualunque oscurità si nascondesse tra le tombe.
PARTE II: IL CAVALIERE DELLE ROSE
Il cuore della necropoli era un labirinto di mausolei, statue di angeli piangenti e antiche cripte familiari. I tre avventurieri procedevano con cautela, i sensi all’erta. Il silenzio era innaturale: nessun uccello cantava, nessun insetto ronzava tra le pietre tombali coperte di muschio.
«C’è qualcosa che non va,» mormorò Asterion, la mano che stringeva più saldamente l’elsa della spada mentre un sottile bagliore arcano iniziava a danzare lungo la lama. «L’aria… è come se fosse carica di energia.»
Come a confermare le sue parole, un rumore di ossa che si scontravano risuonò alle loro spalle. Voltandosi, la Compagnia si trovò di fronte a tre scheletri che emergevano dal terreno, brandendo armi arrugginite. Occhi rossi brillavano nelle orbite vuote dei loro crani.
«Finalmente un po’ d’azione!» esclamò Ikaris, assumendo la posizione caratteristica del Cobra Kai: peso bilanciato sulle gambe piegate, mani aperte e pronte a colpire, la coda che si sollevava per aiutare l’equilibrio.
Il combattimento fu rapido ma intenso. Geeno caricò frontalmente il primo scheletro, la sua lancia che penetrava con precisione tra le costole della creatura, mentre lo scudo respingeva i colpi disperati della spada arrugginita. La forza leonina frantumava le ossa con letale efficienza.
Ikaris evitò con agilità i fendenti del secondo scheletro, per poi contrattaccare con una serie di colpi fulminei. Le sue mani si muovevano come serpenti, colpendo punti di pressione che, anche su un non-morto, sembravano avere effetto. Un calcio rotante spezzò la colonna vertebrale dello scheletro, che crollò in un mucchio di ossa inanimate.
Asterion, intanto, schivava agilmente gli attacchi del terzo, il suo corpo che sembrava quasi dissolversi in ombre quando si muoveva – la caratteristica tecnica del Laughing Shadow. La sua spada brillava di energia arcana mentre, con un movimento fluido, tracciava un arco perfetto che separò il cranio dal resto del corpo scheletrico, accompagnando il gesto con una risata sommessa che dava il nome al suo stile di combattimento.
Quando l’ultimo scheletro fu sconfitto, i tre si guardarono, appena affannati.
«Era solo l’avanguardia,» commentò Geeno, puntando la lancia verso il sentiero che conduceva più in profondità nella necropoli. «Ce ne saranno altri.»
Avevano appena ripreso il cammino quando una nuova ondata di non-morti emerse dal terreno: questa volta erano sei, con armature parziali che proteggevano i loro corpi scheletrici. La battaglia fu più impegnativa, ma ancora una volta la combinazione di arti marziali di Ikaris, magia della spada di Asterion e potenza sacra di Geeno prevalse.
Finalmente, dopo aver eliminato diversi gruppi di non-morti, raggiunsero la cripta centrale: una struttura imponente in marmo nero, con colonne che sostenevano un frontone decorato con simboli arcani. Le porte di bronzo erano socchiuse, e un debole bagliore azzurrino filtrava dall’interno.
Ikaris fece per avanzare, ma Asterion lo trattenne con un gesto.
«Aspetta,» disse, gli occhi viola che scrutavano l’ingresso mentre la sua lama vibrava leggermente, come se percepisse qualcosa. «Sento una presenza… diversa.»
Prima che potessero discutere ulteriormente, le porte della cripta si aprirono completamente. Una figura alta e imponente emerse dall’ombra: un cavaliere in un’armatura completa di piastre argentate, decorata con motivi di rose incisi nel metallo. Un mantello bianco, ornato con un emblema di rosa cremisi, ondeggiava dietro di lui. Il volto era nascosto da un elmo chiuso, dalla cui visiera brillava una luce tenue.
Il cavaliere si fermò, osservando i tre avventurieri. Quando parlò, la sua voce risuonò metallica ma nobile:
«Salute a voi, viaggiatori coraggiosi. Io sono il Cavaliere delle Rose, guardiano del confine tra la vita e la morte. Non temete, non sono vostro nemico.»
Ikaris mantenne la posizione di guardia, gli occhi stretti in un’espressione di sospetto. «Cosa fa un cavaliere in una necropoli infestata?»
Il Cavaliere delle Rose inclinò leggermente il capo. «La stessa cosa che fate voi: cerco di porre fine a questa profanazione. Un antico male si è risvegliato nelle profondità di questa cripta. Devo fermarlo, ma temo che da solo non ne abbia la forza.»
Asterion osservò il cavaliere con occhio critico, la sua spada ancora circondata da un sottile alone arcano. «Parli di un male specifico. Sai di cosa si tratta?»
«Un’entità che si fa chiamare Putin,» rispose il Cavaliere. «Un necromante trasformatosi in lich secoli fa. Il suo potere cresce con ogni anima che reclama.»
A queste parole, Geeno si irrigidì visibilmente. I suoi occhi ambrati si accesero di una luce feroce, e la punta della sua lancia iniziò a brillare di un’energia dorata, riflesso della sua furia sacra.
«Putin…» ringhiò, un suono basso e minaccioso che sembrava provenire dal profondo del suo essere. «Il distruttore di Akhene. L’assassino del mio popolo.»
Il Cavaliere si voltò verso Geeno. «Conosci questo essere?»
«L’ho cercato per anni,» rispose il leonin, le zanne scoperte in un ringhio silenzioso. «Ha ridotto il mio villaggio in cenere. Ha massacrato innocenti. Il suo sangue è il prezzo che ho giurato di riscuotere.»
Un momento di silenzio seguì queste parole. Poi Ikaris fece un passo avanti, le mani ancora in posizione di guardia.
«Se Putin è qui, e tu vuoi fermarlo,» disse al Cavaliere, «allora i nostri interessi coincidono.»
Asterion annuì. «La Compagnia del Fardello si unirà a te, Cavaliere delle Rose. Ma sappi che la nostra fiducia va guadagnata.»
Il Cavaliere s’inchinò leggermente. «Sono onorato della vostra alleanza. Seguitemi, ma fate attenzione. La cripta nasconde pericoli oltre a Putin stesso.»
Mentre si preparavano ad entrare, un rumore metallico risuonò nell’elmo del Cavaliere – qualcosa che sembrava quasi… una risata?
PARTE III: IL RISVEGLIO DEL LICH
Il fracasso provocato dalla conversazione e dai combattimenti precedenti non passò inosservato. Dalle ombre tra le tombe emersero figure barcollanti: ghouls dalla pelle grigiastra e putrida, con artigli affilati e denti giallastri. Erano quattro, e si avvicinavano con un rantolo affamato.
«Compagnia, alle armi!» tuonò Ikaris, assumendo la posizione di attacco del Cobra Kai.
La battaglia che seguì fu intensa. I ghouls erano più veloci e intelligenti degli scheletri affrontati in precedenza. Uno di essi riuscì a graffiare profondamente il braccio di Geeno, ma il leonin rispose con un potente affondo della sua lancia, la punta che brillava di energia sacra quando penetrò nel corpo putrescente della creatura.
Ikaris combatteva con la rapidità letale di un cobra, il suo stile di arti marziali che sfruttava ogni debolezza degli avversari. Le sue mani e piedi colpivano con precisione punti vitali, disarticolando e distruggendo i non-morti con una serie di colpi devastanti. Il Cavaliere delle Rose si unì a lui, la sua spada lunga che brillava di una luce argentea quando colpiva i non-morti.
Asterion, intanto, danzava tra ombra e luce, la tecnica del Laughing Shadow che gli permetteva spostamenti quasi impossibili. Un momento era in un punto, quello dopo sembrava dissolversi per riapparire altrove. La sua spada tracciava archi di energia arcana nell’aria, e ad ogni passaggio un ghoul trovava la sua fine.
Tre ghouls caddero rapidamente, ma il quarto riuscì a sfuggire, dirigendosi verso l’ingresso della cripta.
«Non lasciamolo fuggire!» esclamò il Cavaliere. «Potrebbe allertare il suo padrone!»
Asterion non esitò. Sollevò la mano libera, la sua spada che brillava mentre incanalava potere arcano. Pronunciò parole in una lingua antica, e tre dardi di energia blu scaturirono dalla punta dell’arma. I proiettili magici inseguirono il ghoul in fuga, colpendolo alla schiena e facendolo crollare a pochi passi dall’ingresso della cripta.
Il silenzio calò nuovamente sulla necropoli, ma fu di breve durata. Un tremito percorse il terreno sotto i loro piedi. Le porte della cripta si spalancarono completamente, e un vento gelido ne fuoriuscì, portando con sé l’odore di decomposizione e potere oscuro.
Dall’interno della cripta emerse una voce, profonda e risonante come se provenisse da un abisso infinito:
«Visitatori nella mia dimora… Come siete premurosi a portarmi nuove anime da reclamare.»
Una figura emerse lentamente dall’oscurità: un essere alto e scheletrico, avvolto in vesti di seta nera impreziosite da rune argentate. Dove avrebbe dovuto esserci un volto, c’era solo un teschio con occhi che ardevano di una fiamma blu spettrale. Una corona di ossa intarsiate cingeva il suo capo, e le sue mani ossute emanavano un’aura di potere corrotto.
«Putin,» sibilò Geeno, la presa sulla lancia così stretta che le nocche sbiancarono sotto il pelo.
Il lich inclinò leggermente il capo, come se stesse esaminando una curiosità interessante. «Una bestia parlante che conosce il mio nome. Interessante.»
Ikaris fece un passo avanti. «Ci siamo già incontrati, creatura. A Solastra, durante la ribellione.»
Putin guardò il dragonborn, la fiamma nei suoi occhi che sembrò vacillare per un istante. «Solastra? Non ricordo. Ma poco importa. Io sono solo un frammento, un aspetto di un tutto più grande.»
Il lich si voltò verso Geeno. «E tu, leone, sembri portare un odio particolare. Da dove viene tanta passione? Ah, aspetta… Akhene, vero? Un piccolo villaggio. Così insignificante che l’ho dimenticato non appena le fiamme hanno consumato l’ultima casa.»
Con un ruggito di rabbia, Geeno si lanciò in avanti, la lancia puntata verso il petto del lich. Ma Putin sollevò semplicemente una mano, e un’onda di energia nera respinse il leonin, facendolo volare all’indietro.
Il Cavaliere delle Rose estrasse la sua spada. «È finita, Putin. Questa volta non sfuggirai alla giustizia.»
Il lich rise, un suono come di vetri infranti. «Giustizia? Venite a parlare di giustizia a me, che ho visto imperi sorgere e cadere?» Sollevò entrambe le mani, e un’aura nerastra lo circondò. «Ma se volete morire, sarò felice di accontentarvi.»
La battaglia esplose con furia selvaggia. Il Cavaliere si lanciò contro Putin, la sua spada che brillava di luce sacra. Ma prima che potesse colpire, il lich pronunciò parole di potere e un raggio di energia violacea colpì il Cavaliere in pieno petto. Invece di danneggiarlo, però, sembrò avvolgerlo, e quando la luce si dissipò, il Cavaliere si voltò lentamente verso la Compagnia del Fardello.
«Temo che il vostro amico ora risponda a me,» ghignò Putin. «Uccidili, mio servo.»
Il Cavaliere delle Rose, ora con gli occhi che brillavano della stessa fiamma spettrale di Putin, si lanciò contro i tre avventurieri.
PARTE IV: SETTE FRAMMENTI DI MALE
Il Cavaliere delle Rose, ora sotto il controllo di Putin, si mosse con velocità innaturale verso Asterion, la sua spada che mirava alla gola del mezzelfo. Grazie ai riflessi potenziati dal suo addestramento di Laughing Shadow, Asterion riuscì a parare il colpo, ma l’impatto lo fece indietreggiare.
«Cavaliere! Resistete!» gridò, mentre la sua lama iniziava a caricarsi di energia arcana in risposta alla minaccia.
Ikaris non perse tempo. Con un balzo felino si avventò sul lich, tentando di colpirlo con una serie di pugni caricati di chi. Ma Putin sembrava quasi incorporeo, ogni colpo che passava attraverso la sua forma come se fosse fatta di nebbia.
«Stolto dragonborn,» sibilò il lich. «Pensi che la tua arte marziale possa fermare chi ha dominato le arti oscure per secoli?»
Ikaris, nel tentativo di evitare un raggio di energia necromantica, inciampò e cadde a terra. Rialzando lo sguardo, notò qualcosa che prima gli era sfuggito: al centro della cripta, su un piedistallo di ossidiana, brillava una sfera di cristallo violaceo. All’interno della sfera, sembrava muoversi una nebbia che ricordava vagamente un volto umano in agonia.
Mentre Asterion continuava a duellare con il Cavaliere controllato, cercando di non ferirlo gravemente ma al contempo di neutralizzarlo, Geeno si lanciò contro Putin con rinnovato vigore. La sua lancia, caricata di potere divino, trapassò finalmente la barriera di energia oscura che circondava il lich.
Putin emise un urlo di dolore e sorpresa. «Impossibile! Nessun’arma mortale dovrebbe potermi ferire!»
«Questa non è un’arma qualunque,» ringhiò Geeno, torcendo la lancia nella ferita spettrale. «È stata benedetta con la sofferenza di tutti coloro che hai ucciso.»
Il lich si divincolò, liberandosi dalla lancia. Intorno al suo collo scheletrico, Geeno notò per la prima volta un medaglione che aveva iniziato a brillare di una luce pulsante dopo il colpo ricevuto.
Nel frattempo, Ikaris aveva preso una decisione. Si rialzò rapidamente e, con un’agilità sorprendente, saltò verso il piedistallo. «La sfera!» gridò. «Deve essere collegata al suo potere!»
Prima che Putin potesse reagire, Ikaris colpì la sfera di cristallo con un potente calcio del Cobra Kai. Il cristallo si incrinò, poi esplose in mille frammenti, liberando un’onda di energia che attraversò la cripta come un’esplosione silenziosa.
L’effetto fu immediato. Il Cavaliere delle Rose barcollò, l’aura spettrale nei suoi occhi che vacillava. Asterion colse l’opportunità e, con un movimento fulmineo, colpì l’elmo del Cavaliere con l’elsa della spada, stordendolo ma non ferendolo gravemente.
Putin urlò di rabbia e dolore. «Cosa hai fatto, stupida creatura?!»
Il medaglione al collo del lich ora brillava intensamente, pulsando come un cuore malato. Geeno lo notò e, con un balzo potenziato dalla furia divina, strappò il medaglione dal collo di Putin.
«Cavaliere!» gridò, lanciando il medaglione verso la figura barcollante del Cavaliere delle Rose, che stava lentamente recuperando coscienza.
Il Cavaliere afferrò il medaglione al volo e, con un movimento deciso, lo spezzò con la sua spada. Una luce accecante eruppe dall’oggetto frantumato, e quando i tre avventurieri poterono nuovamente vedere, Putin stava letteralmente disintegrandosi, il suo corpo scheletrico che si sbriciolava come cenere al vento.
«Non è finita,» rantolò il lich mentre si dissolveva. «Sono solo un aspetto… uno dei sette… gli altri vivono ancora…»
Con un ultimo grido disarticolato, Putin scomparve completamente. In tutta la necropoli, i non-morti che aveva rianimato crollarono all’istante, tornando al loro stato di riposo eterno.
Il Cavaliere delle Rose cadde in ginocchio, evidentemente indebolito. La Compagnia del Fardello si avvicinò cautamente, ancora non del tutto certa che fosse libero dal controllo del lich.
«Vi… ringrazio,» mormorò il Cavaliere, la voce ora più debole, quasi umana. «Senza di voi, sarei diventato un’altra marionetta nelle mani di quella creatura.»
«Cosa intendeva con “uno dei sette”?» chiese Asterion, aiutando il Cavaliere a rialzarsi.
«Putin è un essere antico e potente,» spiegò il Cavaliere, la voce che si affievoliva ad ogni parola. «Ha diviso la sua essenza in sette aspetti, per assicurarsi che la sua morte non fosse mai permanente. Quello che abbiamo affrontato era solo uno di essi.»
«Allora dobbiamo trovare e distruggere gli altri sei,» dichiarò Geeno con feroce determinazione.
Il Cavaliere annuì debolmente. «Sì, ma temo… temo che il mio tempo sia giunto al termine. Distruggere il medaglione ha liberato non solo voi, ma anche me… dalla mia lunga prigionia.»
Mentre parlava, l’armatura del Cavaliere iniziò a perdere consistenza, diventando sempre più traslucida.
«Cercate gli altri aspetti,» disse, la sua forma ora quasi invisibile. «Fermate Putin prima che possa riunire nuovamente la sua essenza. Il destino di molti regni dipende da questo.»
Con queste parole, il Cavaliere delle Rose svanì completamente, lasciando solo una rosa bianca nel punto dove era stato in piedi.
I tre avventurieri rimasero in silenzio per un momento, poi Ikaris si chinò a raccogliere la rosa.
«Sembra che il nostro fardello sia appena diventato più pesante,» commentò, guardando i suoi compagni.
PARTE V: OMBRE E VERITÀ
Dopo aver setacciato la cripta e recuperato alcuni oggetti di valore, la Compagnia del Fardello fece ritorno all’ufficio del custode. La necropoli era tornata silenziosa, ma questa volta era il silenzio naturale di un luogo di riposo, non l’inquietante assenza di vita che avevano percepito al loro arrivo.
Quando entrarono nell’ufficio, però, furono accolti da una vista scioccante. Orin era immobile dietro la scrivania, ma ora appariva chiaramente per ciò che era realmente: un cadavere in avanzato stato di decomposizione, tenuto “in vita” solo dalla magia necromantica di Putin. Con la distruzione dell’aspetto del lich, l’incantesimo si era spezzato, rivelando l’orribile verità.
«Per tutti gli dei,» mormorò Asterion, coprendosi il naso per l’odore di putrefazione. «Era un non-morto fin dall’inizio.»
«Putin deve aver utilizzato questo posto come base operativa per mesi,» aggiunse Geeno, esaminando la stanza con attenzione. «Il vero Orin probabilmente è morto molto tempo fa.»
Ikaris si avvicinò alla scrivania e notò un oggetto che prima non c’era: un gettone d’oro con il simbolo di un’arena inciso su un lato. Lo raccolse, mostrandolo ai compagni.
«Il nostro premio per aver pulito la necropoli,» disse. «Questo ci garantirà un posto al torneo di Arkanum.»
Mentre i tre esaminavano il gettone, decisero di cercare altri indizi nell’ufficio. Asterion trovò un vecchio registro che indicava un certo Thorin come responsabile della sicurezza della città. Se qualcuno poteva aiutarli a comprendere meglio la situazione e forse a localizzare gli altri aspetti di Putin, doveva essere lui.
«Dovremmo andare a trovare questo Thorin,» suggerì Asterion. «Ma prima, credo sia meglio uscire da questo luogo di morte.»
La Compagnia del Fardello lasciò la necropoli mentre il sole iniziava a tramontare, tingendo il cielo di arancione e rosso. Le strade di Arkanum si animavano della vita serale, un contrasto stridente con l’immobilità eterna che avevano affrontato tra le tombe.
Stavano dirigendosi verso il quartiere della guardia per trovare Thorin, quando una figura si materializzò dall’ombra di un vicolo. Era una giovane donna avvolta in un mantello blu scuro con cappuccio, dal quale sfuggivano due lunghe trecce castane. Il suo viso pallido e delicato presentava lineamenti raffinati, con labbra rosse come il sangue e penetranti occhi verdi che sembravano brillare di luce propria nell’oscurità crescente.
«Compagnia del Fardello,» sussurrò la figura, con voce melodiosa ma cauta. «Ho bisogno del vostro aiuto.»
I tre si fermarono, istintivamente in guardia. Ikaris assunse una posizione difensiva, mentre Asterion portò la mano all’elsa della spada.
«Chi sei?» chiese Geeno, la voce un ringhio basso. «E come conosci il nostro nome?»
La donna abbassò leggermente il cappuccio, rivelando completamente il suo volto giovane ma con un’espressione che tradiva una saggezza oltre i suoi anni.
«Mi chiamo Katia,» rispose. «Sono la figlia del Maestro della Prigione di Arkanum. E vi ho osservati nella necropoli. Il vostro coraggio contro il lich… è esattamente ciò di cui ho bisogno.»
«Cosa vuoi da noi?» chiese Asterion, rilassando leggermente la presa sulla spada ma mantenendo la cautela.
Katia guardò nervosamente intorno, come se temesse di essere osservata. «Non qui,» sussurrò. «Seguitemi. Conosco un posto dove possiamo parlare in sicurezza.»
La Compagnia si scambiò sguardi incerti, ma la curiosità ebbe la meglio. Seguirono la misteriosa Katia attraverso vicoli stretti e strade secondarie, fino a una piccola taverna in un angolo dimenticato della città. All’interno, l’ambiente era tranquillo e scarsamente frequentato. Katia li condusse a un tavolo appartato in un angolo, dove sarebbero stati al riparo da orecchie indiscrete.
Una volta seduti, con bevande davanti a loro, Katia si sporse in avanti e iniziò a parlare a voce bassa ma intensa.
«Nella prigione di Arkanum è detenuto un uomo di nome Zarion,» spiegò. «È stato arrestato con false accuse, vittima di una cospirazione politica. Lo conosco… lo conosco bene. È un uomo buono, che non merita di marcire in quella cella.»
«E vuoi che lo liberiamo,» concluse Ikaris, incrociando le braccia sul petto squamoso.
Katia annuì. «Ho un piano. Domani sera ci sarà un cambio della guardia, un momento in cui la sicurezza sarà ridotta. Non vi chiedo di fare nulla di illegale o violento. Ho bisogno solo di una distrazione, qualcosa che attiri l’attenzione delle guardie mentre io aiuto Zarion a fuggire.»
Geeno la scrutò con sospetto, gli occhi ambrati che la studiavano intensamente. «E perché dovremmo fidarci di te? Non sappiamo nulla di questo Zarion, né delle accuse contro di lui.»
Il volto di Katia si addolcì, un velo di tristezza che le attraversò gli occhi verdi. «Zarion era un consigliere del precedente governatore. Quando il nuovo regime ha preso il potere, molti dei vecchi consiglieri sono stati eliminati o imprigionati con accuse inventate. Zarion è l’ultimo che rimane, e temo che presto potrebbero… eliminarlo definitivamente.»
Asterion, che fino a quel momento aveva ascoltato in silenzio, intervenne. «E suppongo ci sia una ricompensa per questo servizio?»
Katia annuì, estraendo da sotto il mantello due gettoni d’oro identici a quello che avevano trovato nella necropoli. «Due gettoni per il torneo di Arkanum. Con quello che già possedete, avrete tre posti garantiti. È tutto ciò che posso offrire, oltre alla mia eterna gratitudine.»
Ikaris sembrava scettico. «Come fai ad avere gettoni per il torneo?»
«Mio padre ha… connessioni,» rispose Katia con un sorriso enigmatico. «Non tutti nella prigione sono d’accordo con ciò che sta accadendo. Ci sono guardie che ancora credono nella giustizia.»
I tre compagni si scambiarono sguardi eloquenti. La proposta era rischiosa, ma la ricompensa avrebbe garantito la loro partecipazione al torneo, avvicinandoli all’obiettivo di raggiungere il Nuovo Mondo.
«Avremo bisogno di più dettagli sul piano,» disse infine Ikaris. «E vogliamo conoscere ogni possibile via di fuga nel caso le cose si mettano male.»
Katia sorrise, un’espressione di sollievo che illuminò il suo volto. «Grazie. Vi spiegherò ogni dettaglio. Domani sera, quando la luna sarà al suo zenit, ci incontreremo presso la fontana del Drago, a nord della prigione. Da lì procederemo con il piano.»
Mentre la notte calava su Arkanum, la Compagnia del Fardello si trovava con un nuovo incarico, pericoloso ma potenzialmente proficuo. L’incontro con Katia aveva aggiunto un nuovo strato di complessità alla loro missione nella città, già complicata dalla scoperta del primo aspetto di Putin e dalla necessità di trovare gli altri sei.
Ma per ora, avevano bisogno di riposo. La giornata era stata lunga e sanguinosa, e quella successiva prometteva di essere altrettanto impegnativa. Con un ultimo sguardo a Katia, che scivolò via nell’oscurità come un’ombra, i tre si diressero verso una locanda, già pianificando mentalmente la strategia per il giorno seguente.
EPILOGO: FARDELLI CRESCENTI
Quella notte, nella stanza della locanda, i tre avventurieri discutevano a voce bassa del loro incontro con Katia.
«Non mi fido completamente di lei,» ammise Geeno, pulendo metodicamente la punta della sua lancia. «C’è qualcosa nei suoi occhi… una disperazione che potrebbe spingerla a non essere del tutto sincera con noi.»
Asterion era seduto vicino alla finestra, la luce della luna che illuminava i suoi capelli argentei mentre osservava le strade deserte di Arkanum. «Concordo che dovremmo essere cauti. Ma se davvero Zarion è innocente, aiutarlo sarebbe un atto di giustizia. E i gettoni ci servono.»
Ikaris, che stava meditando in un angolo della stanza, aprì gli occhi. «Dobbiamo anche pensare al nostro obiettivo più grande. Trovare e distruggere tutti gli aspetti di Putin. Se ci facciamo arrestare cercando di liberare un prigioniero, non saremo di alcuna utilità nella lotta contro il lich.»
Un momento di silenzio seguì queste parole, ognuno perso nei propri pensieri. Infine, Asterion parlò nuovamente:
«Credo che possiamo fare entrambe le cose. Aiutare Katia e continuare la nostra missione. Ma dobbiamo essere intelligenti e cauti.»
Geeno annuì lentamente. «Il Cavaliere delle Rose ha sacrificato la sua esistenza per darci la possibilità di fermare Putin. Non possiamo ignorare questa responsabilità.»
«Allora è deciso,» concluse Ikaris, alzandosi in piedi con rinnovata determinazione. «Domani aiuteremo Katia, ma manterremo gli occhi aperti per qualsiasi indizio sugli altri aspetti di Putin. La Compagnia del Fardello non si tirerà indietro di fronte a nessuna sfida.»
Mentre i tre sigillavano il loro patto con un giuramento silenzioso, fuori dalla finestra la luna illuminava le strade di Arkanum. Da qualche parte, nelle ombre, altri occhi osservavano – occhi che brillavano della stessa fiamma spettrale di Putin. La battaglia era appena iniziata, e il fardello sulla Compagnia sarebbe diventato sempre più pesante prima che potessero trovare la redenzione che ciascuno di loro cercava.